L'arte di restaurare una stufa
Una piccola perla in Vallagarina.
Conservare manufatti artistici al fine di tramandarli ai posteri è una pratica assai antica. Lavori di manutenzione e di adattamento delle opere d’arte erano già in uso nell’antichità classica. In Grecia, dove l’arte era considerata imitazione della Natura e della sua perfezione, il restauro era sentito come funzionalità spirituale. Nella Roma antica invece restaurare significava riparare ma anche rinnovare o rifare in forme più grandiose, in base al gusto o alle esigenze del momento. Il fine era sempre quello d’esaltare e perpetuare nella memoria il potere e la grandezza del popolo romano.
I primi lineamenti di un’ideologia di restauro si manifestarono nella seconda metà del XV sec. dove l’atteggiamento generale del restauro comprese rifacimenti, completamenti e rinnovamenti adattando i manufatti e le opere alle esigenze contingenti politiche, culturali o religiose che fossero. Non esisteva ancora il restauro come mestiere e chi restaurava era innanzitutto artista/pittore che difficilmente si tratteneva da qualche ridipintura o modifica. Il Vasari scriveva “sarebbe meglio tenersi alcuna volta le cose fatte da uomini eccellenti più tosto mezze guaste, che farle ritoccare da chi sa meno”. Una tappa fondamentale nell’evoluzione in senso moderno del restauro si avrà solamente nel 1939 con la fondazione a opera di Cesare Brandi dell’Istituto Centrale per il Restauro. “Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro.” Con questa affermazione il Brandi intendeva necessario in un lavoro di restauro un’adeguata preliminare indagine critica, filologica e scientifica. Un buon intervento di restauro deve necessariamente partire da una approfondita conoscenza dell’opera raccogliendo il maggior numero di elementi conoscitivi, storici e scientifici.
Anche nel delicato lavoro di restauro di una stufa ad olle storica valgono gli stessi principi. Un imbianchino è sì un pittore, ma non credo gli affiderei mai il delicato lavoro di restauro di un affresco antico. Molti sono gli artigiani fumisti con indiscusse abilità e competenze nella creazione di stufe a olle moderne, forni e caminetti, ma davvero pochissimi quelli che possono dichiararsi preparati e competenti nell’effettuare il restauro di una stufa storica. Non ha importanza quanto questa stufa sia vecchia, che abbia 100 o 300 anni; quello che serve è la conoscenza, lo studio e la preparazione. Occorre padroneggiare le tecniche da ceramista, quelle da pittore, da archeologo e da fumista, sapersi destreggiare in una ricerca storico-scientifica. Bisogna sapere distinguere e conoscere i materiali, sia quelli con cui le stufe sono state costruite ed assemblate a suo tempo, sia quelli che verranno utilizzati durante l’opera di restauro. Ci sono materiali che sono compatibili con alcuni e non con altri, smalti e vernici che possono essere stese su un certo tipo di fondo e non su altri. Bisogna tenere in considerazione che una volta restaurata la stufa può rientrare in funzione, essere sottoposta alle sollecitazioni e alle dilatazioni del suo riscaldamento, dell’energia rilasciata dalla legna; questo è il compito per cui è stata creata fin dal principio. È fondamentale sapere soprattutto cosa NON si può fare, poiché un restauro di una stufa fatto male può creare più danni di quelli che ha lasciato il tempo, come saggiamente scriveva il Vasari.
Quando prendiamo in carico un nuovo restauro, cerchiamo di approfondire il più possibile la storia di quella stufa. Non sempre è possibile risalire alla manifattura o all’artigiano che l’ha realizzata, tantomeno conoscere la data precisa di realizzazione. Molto raramente i fornellari trentini firmavano e datavano le loro creazioni, in modo del tutto opposto ai loro colleghi svizzeri o alsaziani. Tuttavia qualche volta si trovano incisi nella terracotta, soprattutto nella parte interna non in vista, dei timbri, delle firme, dei segni che possono condurre in modo preciso a chi la stufa l’ha realizzata. Bisogna sapere con esattezza cosa e dove cercare, dove volgere lo sguardo attento. Ove ciò non sia riscontrabile si cerca di attribuire le formelle ad una o all’altra fornace, basandosi su particolari decori, forme, colori. La stufa oggetto di questo restauro non presentava alcun simbolo o incisione, ma le modanature delle cornici e i decori delle mattonelle, la tipologia costruttiva delle fortezze interne, la qualità di argilla e lo smalto, la fanno attribuire alla manifattura Bormiolli di Trento e databile alla metà del XIX sec. La nostra bottega dopo un attento studio ed un preciso restauro l'ha riportata in funzione, non togliendo del tutto i segni lasciati dal tempo poichè anchessi ormai fanno parte della sua storia. Una storia che verrà tramandata e potrà essere letta da chi verrà dopo di noi.