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01/06/2021

La stufa del Castello di Castellano

La storia, il recupero, il restauro.

Il castello di Castellano è una residenza fortificata posta in posizione panoramica sulla val Lagarina e Rovereto, situata nella omonima frazione di Castellano nel comune di Villa Lagarina in provincia di Trento. È posto a 789 m s.l.m. e dotato di una lunga muraglia che discende il pendio fino alla Torre della Guardia. L’origine del castello non è certa ma pare sorgesse già prima del XII secolo come struttura posta a controllo del sistema viario del versante orientale del monte Bondone.

La stufa del Castello di Castellano

Nel 1207, con l'istituzione del Principato Vescovile di Trento, inizia il periodo feudale che porta alla costituzione delle giurisdizioni di Castelnuovo e Castellano. Il Castello di Castellano era sede vescovile di Trento, il suo compito era quello di proteggere le antiche strade in direzione del Lago di Cei. Nei documenti si trova una prima menzione di un certo Gherardo di Castellano nel 1190, designato dal vescovo Corrado a scortare l’imperatore Enrico VI nel suo viaggio verso Roma. Notizia certa della presenza del castello si ha nel 1261 quando Leonardo di Castelbarco consegna ai rappresentanti di Pellegrino da Beseno il maniero, affinché sia presidiato per conto del vescovo. Nella nota infeudazione di Guglielmo Castelbarco del 1307, è citato tra i possedimenti affidati al “Grande” il castello di Castellano, con le decime e le giurisdizioni.  Nel febbraio del 1456 i due fratelli Giorgio e Pietro Lodron, sobillati da Giorgio Hack, vescovo di Trento, con un colpo di mano si impadroniscono dei 4 castelli di Giovanni Castelbarco: il Castelnuovo di Noarna, di Castellano, di Castel Corno ed il castello di Nomi. Come da accordi con il vescovo di Trento, i due fratelli Lodron, già proprietari di alcuni castelli aviti nelle Giudicarie, si tengono i due feudi di Castelnuovo e di Castellano di cui sono investiti nell'aprile 1456 nel castello del Buonconsiglio unitamente a tutti i diritti ad essi connessi (caccia, pesca, decime, giurisdizioni) e consegnano al vescovo i due feudi di Castel Corno e di Nomi. Negli anni a seguire i Lodron iniziarono importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento del castello, trasformandolo in una meravigliosa residenza nobiliare decorata con splendidi affreschi; fu eretto il portale seicentesco verso la piazza del Barc ed il tetto in rame su palazzo e mastio (unico castello in zona) sostituiti poi nel corso dell'800. Dalla fine del Settecento i Lodron si trasferiscono nel palazzo di Nogaredo e il Castello di Castellano viene affidato alla famiglia Miorandi, che lo tiene in affitto fino al 1918, quando il maniero viene sgomberato per pericolo di crollo. La stessa famiglia Miorandi lo acquistò nel 1924 per 12.300 lire ed iniziò fin da subito una serie di interventi di restauro volti al consolidamento delle strutture superstiti.

Il castello è una costruzione molto antica, con torre a pianta quadrata alla quale è addossato il palazzo residenziale. Il mastio è romanico, ha i cantonali in pietra bugnata ed è ora, in altezza, circa la metà della vecchia torre; fu costruito sulla cima dello sperone di roccia su cui nacque il castello. L'esser costruita così in alto consentiva alla torre, allora molto elevata, di sovrastare di parecchio il vecchio palazzo. Il muro addossato al mastio con il campanile a vela ed alcuni superstiti merli è quanto rimane di uno dei lati dell'antico palazzo che sviluppandosi con 5 lati irregolari andava ancora ad addossarsi al mastio formando una grande costruzione a sezione pentagonale di quattro piani più cantina ed ampio solaio. Il palazzo racchiudeva un piccolo cortile interno e numerava più di 35 stanze tra le quali un mulino mosso a forza animale, un granaio, la sala d'ingresso con nel centro il pozzo. Per la raccolta delle acque e per motivi difensivi le cinque falde del tetto del palazzo erano rivolte verso l'interno, il perimetro esterno del caseggiato si presentava così con un alto muro di ben più di 20 metri nei 3 lati a meridione.  Il terzo e quarto piano, del palazzo, erano detti i piani nobili e le loro stanze erano in gran parte affrescate. Al terzo piano vi erano la Sala Granda, la Stua, la Loggia con la trifora che dava sul cortile interno e la cappella di San Giuseppe. All’interno di queste sale erano presenti grandi camini in pietra locale finemente lavorata secondo il gusto e l’influsso del barocco viennese, molto evidente nei caminetti del capoluogo trentino e della valle dell’Adige. Accanto a queste sontuose opere lapidee, erano presenti le stufe a olle fabbricate da una delle fornaci operanti sul territorio trentino.

Quella che abbiamo recuperato è con molta probabilità la stufa più antica che era presente nel castello, della prima metà del Seicento. Non siamo propriamente davanti ad un esempio di barocco italiano quanto piuttosto al prodotto della rivalorizzazione delle tradizioni gotiche ampiamente riscontrabile in area austro germanica nel corso del XVII secolo. Si tratta di una stufa in monocromia verde ramina con torretta cilindrica che ripropone le strutture, i decori e le cromie delle stufe e dei frammenti più antichi ritrovati in tutto il territorio del Tirolo storico. Stufe del tutto analoghe per forma e colore, dello stesso periodo, sono conservate a Castel Valer in val di Non e a Castel Naturno in alta val Venosta.

Il parziale abbandono del castello da parte della famiglia Lodron a partire dal Settecento, ne segna inesorabilmente il lento declino. Il culmine venne raggiunto con lo scoppio della Grande Guerra con l’insediamento nel castello delle truppe dell'Imperiale Regio Esercito Austro Ungarico; presso il castello fu eretta anche una funivia militare per il trasporto di armi e munizioni dal fondo valle. Nell'agosto 1918 crollò un'ala del castello per lo spostamento d'aria provocato dai cannoni utilizzati nel fondo valle, specie dai grossi obici da 420 mm; fu anche colpito da una granata sparata dal Monte Zugna. Finita la guerra il castello venne spogliato di quanto rimaneva all'interno, furono asportati perfino i caminetti e le stufe a olle. Nel 1924 la famiglia Lodron mise in vendita l'antico maniero, parzialmente crollato. Nella notte di Capodanno tra il 1931/32 un disastroso incendio distrusse ciò che restava della costruzione. Nel 1944 dopo un temporale crollò un alto muro del vecchio castello, muro fin allora rimasto in piedi solitario e superstite testimone del castello che fu. Si racconta abbiano contribuito le vibrazioni dei bombardieri alleati che colpivano quasi giornalmente la ferrovia del Brennero. Nel 1953 il castello venne parzialmente ricostruito utilizzando il perimetro della sola Sala Granda. Nonostante il castello ora sia assai ridimensionato, conserva ancora le tracce dell'antica grandezza: la lunga cinta muraria che termina alla cosiddetta "torre di guardia" è ancora intatta e visibile.

L’incontro con questa stufa è avvenuto nella primavera del 2014. Era installata in una casa poco distante dal castello. Ci era finita proprio in quegli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, anni duri per i soldati che ritornavano a casa dal fronte ma anche per chi a casa ci era rimasto ed in qualche modo era sopravvissuto a fame e povertà. Quella immensa povertà aveva spinto la gente del paese a violare quello che una volta era il simbolo del potere e della ricchezza, quel castello che aveva vissuto fasti e splendore. Qualcuno portò via dal castello in rovina mobili, qualcun altro prese attrezzi e materiali da costruzione; una persona, saggiamente, pensando al rigido inverno che ogni anno sopraggiunge, si portò a casa un oggetto utile a riscaldare la stanza dove dormiva. Quell’oggetto era la stufa di questa storia. Fu installata alla bene e meglio utilizzando calce e vecchie tegole rotte. Più che trafugata dal castello in rovina possiamo dire che fu salvata dalla sua distruzione. Negli anni a seguire il castello subì ripetuti crolli ed anche un devastante incendio, eventi che avrebbero causato la perdita di questa stufa. Invece, dopo aver riscaldato nobili membra per più di due secoli, continuò a fare il suo nobile dovere per altri cento anni, riscaldando i corpi di una più modesta famiglia contadina. Noi la acquistammo dai discendenti di quel saggio contadino, la smontammo e la riponemmo in magazzino. Quest’anno finalmente abbiamo deciso di restaurarla, a seguito del ritrovamento di alcuni pezzi mancanti. Il restauro è stato molto impegnativo, sia in termini di ore lavorative che di investimento economico. Il risultato è favoloso, possiamo rivedere la stufa nella sua magnificenza originale, come Cristoforo e Paride Lodron la ordinarono e la fecero installare nel castello. Non sappiamo con precisione chi fu l’artigiano che la realizzò, ma possiamo dire con certezza quasi assoluta che si tratta di una maestranza locale trentina-tirolese. Questa tesi è avvalorata dal fatto che le uniche stufe di questo tipo sono riscontrabili solo nel nostro territorio. Un ulteriore tassello che testimonia quanto la stufa a olle sia rappresentativa dell’eccellenza artigiana del Trentino Alto Adige.