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12/12/2019

Una antica stufa svedese a Trento

La sua storia, il suo restauro.

Quella che da noi si chiama stufa a olle, in Svezia si chiama Kakelugn. Ha le sue origini nei cosiddetti “forni di pentole”, ovvero quei rudimentali forni con delle pentole (le olle) inserite nella muratura.

Una antica stufa svedese a Trento

Inizialmente tali scodelle in terracotta erano rivolte con l’apertura verso l’interno del forno, in modo tale che l’aria calda vi rimanesse imprigionata con la funzione di “serbatoio” di calore. Questo tipo di costruzione è già documentato in Trentino all’epoca dei Reti, un'antica popolazione di lingua preindoeuropea stanziata nelle Alpi centro-orientali a partire dal 5° secolo a.C. Secoli più tardi il re Longobardo Liutprando definì nelle sue leggi, quante e come dovevano essere tali scodelle inserite nei forni, creando di fatto un capitolato con specificate le modalità di costruzione ed i costi. Nei secoli seguenti questo tipo di forno-stufa si sviluppò nei paesi alpini e in Germani meridionale, spesso con il caricamento posto nella stanza adiacente come la cucina. Nel corso del 16° secolo questi forni iniziarono a subire dei cambiamenti stilistici. Si iniziarono a creare delle stufe che fungessero da fonte di riscaldamento ma che assumessero anche una funzione estetica all’interno delle abitazioni signorili. Queste scodelle furono sostituite con formelle quadrate, finemente decorate a bassorilievo, spesso con colori intensi. Questo accadde più o meno in tutta l’Europa centrale.

In Svezia fu re Giovanni III (1537-1592) a far installare delle stufe a olle nel castello di Stoccolma, in quello di Kalmar e Borgsholm. Nel 1582 è documentato l’arrivo di un gruppo di “pentolaj” tedeschi (così venivano chiamati gli artigiani ceramisti) sul suolo svedese, i quali si stanziarono ed iniziarono la produzione di stufe in maiolica. Nel 17° secolo gran parte delle stufe policrome prodotte nei secoli precedenti, furono smantellate per essere sostituite con piastrelle dallo smalto nero e verde. Nel secolo seguente si produssero stufe sul modello di decorazione olandese tanto in voga, nei toni del blu su fondo bianco. Allo stesso tempo la carica delle stufe passò dalla stanza attigua al lato anteriore, inserendo delle portine dalle quali si poteva anche godere della visione del fuoco. Tali portine erano in metallo, spesso a due piccoli battenti, soluzione tipica delle stufe svedesi.

Nel corso del 18° secolo in Svezia ci fu una grande carenza di legna da ardere, dovuta al grande uso fatto dalle industrie siderurgiche per la produzione di ferro, allora il più importante prodotto di esportazione della nazione. Grandi quantità di legna erano inoltre utilizzate per riscaldare edifici residenziali con grandi caminetti inefficienti, allora la fonte di riscaldamento più comune. Il Consiglio della Corona di Svezia (composta da nobili, borghesi e religiosi) durante una riunione con il re Adolfo Federico (1710-1771) al Castello di Stoccolma il 27 gennaio 1767 decise di affidare un incarico di ricerca per lo sviluppo di una stufa più efficiente dal punto di vista energetico, che portasse dei significativi miglioramenti e benefici per le famiglie. L’incarico andò al generale Fabian Wrede e all’architetto Carl Johan Cronstedt che nell’autunno dello stesso anno presentarono le loro proposte in un documento ricco di progetti. In questo documento veniva illustrato come si sarebbe potuto meglio sfruttare il calore del fuoco attraverso la costruzione di canne fumarie tortuose (quelle che oggi definiremmo i giri di fumo delle stufe) e l’inserimento di serrande e valvole di chiusura. Di fatto si erano gettate le basi per la costruzione delle stufe a olle moderne. E’ bene ricordare che anche da noi in Trentino, le stufe a olle erano costruite sulla base dei forni per il pane, e si presentavano come una specie di campana rovesciata, completamente vuota all’interna. I giri di fumo non esistevano, e furono introdotti in alcune stufe solo a partire dal 1800.

Le stufe in ceramica durante il 19° e il 20° secolo erano in Svezia la fonte principale di riscaldamento. Fu grazie alla stesura e divulgazione di disegni tecnici costruttivi realizzati dall’architetto Erik Palmstedt, che si ebbe un grande contributo all’aumento e alla distribuzione di queste stufe in ceramica. Inizialmente solo i più ricchi potevano permettersi questi manufatti, ma con l’urbanizzazione il riscaldamento con le stufe si diffuse. Nacquero parecchie attività di produzione di maiolica, che utilizzavano argilla e materie prime locali. Pionieristica fu l'attività della manifattura Röstrand, fondata a Stoccolma nel castello di Röstrand nel 1726 sotto la direzione di un produttore di porcellana tedesco, tale Johann Wolff. Tutt’ora esistente, si tratta del secondo marchio di ceramiche più antico d’Europa dopo Meißen, fondata nel 1709. Molte furono le attività che operarono in Svezia soprattutto negli anni del 1800. La produzione nazionale raggiunse il suo picco più alto nel 1882. Si pensi che la sola fabbrica di Rörstrand produsse qualcosa come 6.400 stufe, un numero davvero inimmaginabile per qualsiasi produzione dell’epoca. Molte di queste stufe erano destinate al mercato nazionale e buona parte ai mercati delle nazioni vicine come Finlandia, Norvegia e Danimarca.

La stufa svedese oggetto del nostro restauro racchiude in sé tutta questa storia oltre la sua. In particolare, questa stufa in maiolica è stata prodotta in Svezia negli anni a cavallo tra il 1800 ed il 1900. Non sappiamo di preciso da quale manifattura sia uscita in quanto non è presente un marchio impresso nell’argilla, ma i motivi a rilievo della cornice superiore e inferiore, e lo smalto bianco brillante, la rendono attribuibile alla famosa manifattura Rörstrand. La sua è una storia avvincente, in quanto ha viaggiato per mezza Europa all’interno di casse e scatole. E’ stata ritrovata a Krowodrza, il quartiere di Cracovia famoso per ospitare il Museo Nazionale dov’è esposta la “dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci. La stufa apparteneva ad una signora borghese di Malmö, nel sud della Svezia, presso la cui abitazione ha prestato servizio per molti anni una ragazza polacca. Alla morte dell’anziana signora, i famigliari, offrirono a quella collaboratrice domestica di scegliere un qualsiasi oggetto della casa e di considerarlo un regalo offerto a ringraziamento per gli anni di servizio prestati. La donna polacca, originaria di Krowodrza, scelse proprio questa stufa e la portò con sé nel suo ritorno in patria. Qui rimase per anni smontata e con alcune maioliche rotte, depositata all’interno di alcune casse. L’attuale proprietario l’ha trovata su un sito di annunci polacco e, aiutato nella traduzione e nella trattativa dal cognato che è di Cracovia, ha deciso di acquistarla. Con un lungo viaggio in automobile, caricate le casse e le scatole contenenti le piastrelle, eccola giunta fino a Trento. Qui, affidataci per il restauro, ha trovato una nuova, e speriamo lunga, vita. Restaurate le singole mattonelle, ricostruiti alcuni pezzi mancanti, abbiamo installato la stufa con i giri di fumo come in origine. Non poco avventurosa la ricerca della portina, in quanto quella originale era andata perduta. Alla fine ne abbiamo trovata una nuova presso un collega in Svezia. E’ fatta a mano come quelle di un tempo, in metallo nickelizzato, finitura che dona quella eleganza semplice e tipica delle terre del nord.

Vedere questa stufa nuovamente accesa e funzionante crea in noi, e speriamo anche nei suoi nuovi proprietari, forti emozioni che durano nel tempo. Emozione per quello che racchiude la sua storia, per la bellezza delle sue forme. Emozione per la magia del fuoco, elemento del sole e dell’immortalità.